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Per gli italiani la strada verso il work life balance, ovvero il pieno equilibrio tra vita privata e lavoro è ancora lunghissima. È questo il quadro che emerge dall’analisi del Randstad Workmonitor, l’indagine sul mondo del lavoro di Randstad. Più di un intervistato su due ha infatti dichiarato di non riuscire a staccare dal proprio lavoro nemmeno in ferie.

Eppure proprio il work life balance resta uno dei fattori maggiormente ricercati dai lavoratori nella scelta di un’azienda, almeno stando ai risultati emersi dal Randstad Employer Brand Research 2020.

Un buon equilibrio tra vita privata e vita lavorativa è, infatti, ritenuto vitale per il 52% del campione coinvolto dall’indagine – oltre 185mila persone provenienti da 33 Paesi nel mondo – ed è in vetta alla classifica degli elementi più ricercati dai potenziali dipendenti in un’azienda. L’emergenza Coronavirus e il conseguente lockdown hanno ulteriormente complicato un quadro non proprio ottimale. Il ricorso massiccio allo smart working, infatti, non è sempre stato adeguatamente regolamentato, portando alla luce diverse criticità. Problemi che andrebbero obbligatoriamente affrontati, per evitare che il lavoro agile sia solo il frutto di scelte contingenti e non una strategia.

 

Che cos’è il work life balance?

Con il termine work life balance, di origine inglese, si intende letteralmente l’equilibrio tra la vita privata e il lavoro. Ovvero la capacità di far convivere in maniera pacifica la sfera professionale e quella privata. Si tratta in realtà di un concetto molto ampio, nato per la prima volta negli anni Settanta in Gran Bretagna, ma divenuto di strettissima attualità soprattutto nell’ultimo periodo, in cui lo sviluppo tecnologico ha reso sempre più labile e sfocato il confine tra vita e lavoro, sia per quanto riguarda i tempi sia per gli spazi fisici del lavoro.

 

Work life balance al primo posto tra gli aspetti più apprezzati in un’azienda

Secondo l’indagine 2020 di Randstad sull’employer branding proprio il work life balance è l’aspetto maggiormente tenuto in considerazione dai dipendenti nella scelta del proprio datore lavoro. Per più di un intervistato su due, infatti, l’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa è in cima alla classifica dei fattori più importanti che un’azienda dovrebbe offrire.

L’indagine, però, ha anche evidenziato un significativo gap tra le aspettative dei dipendenti e quella che, secondo loro, è la realtà dei fatti. Secondo il campione coinvolto nella ricerca, infatti, se da una parte il work life balance è in cima alle loro esigenze professionali, dall’altra sarebbe anche uno degli elementi non offerti a sufficienza dalle aziende. Anche spacchettando i dati e considerando solo alcune categorie di lavoratori, i risultati non cambiano.

  • L’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa resta al primo posto come importanza nel 53% dei casi anche considerando i soli stayers, ovvero i dipendenti che non hanno cambiato datore di lavoro nell’ultimo anno.
  • La percentuale scende al 51% ma resta maggioritaria anche per quanto riguarda gli switchers, coloro che invece hanno cambiato azienda nell’ultimo anno.
  • Stesso discorso pure per gli intenders (coloro che pur non avendo cambiato lavoro hanno intenzione di farlo nei prossimi 12 mesi): nel 54% dei casi valutano il work life balance come fattore più importante nella scelta di una azienda.

 

Work life balance: la situazione in Italia

Un aspetto significativo evidenziato dal Randstad Workmonitor è il progressivo passaggio da una situazione di work life balance, ovvero di ricerca di equilibrio tra tempo libero e orario di lavoro a una di work life blend, nella quale le due sfere si sovrappongono. Il 71% dei lavoratori italiani, infatti, è sempre connesso: risponde a mail, telefonate e messaggi di lavoro anche al di fuori degli orari di ufficio (Per approfondire leggi anche: diritto alla disconnessione: cos’è e come funziona in Italia).

In Europa soltanto Portogallo e Romania hanno percentuali superiori alle nostre. Più di un lavoratore italiano su due si occupa di questioni di lavoro anche in ferie e quasi quattro su dieci si sentono addirittura obbligati a farlo a fronte di una richiesta.

Se da una parte i dati dicono che molto spesso l’attività professionale sconfina nel tempo libero, è altrettanto vero anche il contrario. L’indagine evidenzia, infatti, la crescita della propensione a gestire questioni private durante la giornata lavorativa. Il 54% dei dipendenti, ad esempio, si occupa di attività non lavorative durante l’orario d’ufficio. Dato, quest’ultimo, in crescita del 21% rispetto al 2012, ma ancora lontano dalla media globale pari al 67%. Almeno in Italia, la flessibilità non avviene in entrambe le direzioni: spesso a causa della pressione dei datori di lavoro.

Più di un lavoratore italiano su due, infatti, sostiene che la sua azienda dia per scontato che sia disposto a lavorare oltre l’orario d’ufficio o che risponda a richieste di lavoro anche nel tempo libero.

 

L’emergenza Coronavirus e il massiccio ricorso allo smart working

L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Coronavirus ha ovviamente avuto un impatto significativo anche sul lavoro e sull’organizzazione aziendale. La necessità di mantenere il distanziamento sociale per contenere il contagio ha spinto molti datori di lavoro¸ dove il tipo di prestazione lo consentisse, a ricorrere massicciamente allo smart working. La rapidità con cui il nostro Paese è stato colpito dalla pandemia, però, ha accelerato un processo che avrebbe forse necessitato di qualche passaggio intermedio.

In molti casi, la stretta contingenza ha obbligato le aziende a spostare il proprio lavoro nell’ambiente virtuale senza un’adeguata regolamentazione. Se da una parte il ricorso al lavoro agile ha portato indubbi vantaggi (logistici ed economici), dall’altro non sono mancati gli effetti collaterali. Su tutti, il mancato rispetto del diritto alla disconnessione.

La fitta rete generata dai dispositivi mobili in molti casi ha reso impossibile operare una distinzione tra lavoro e sfera privata. Questo aspetto, già evidenziato dal Randstad Workmonitor prima dell’emergenza sanitaria, è stato ulteriormente accentuato dalla diffusione della pandemia e dal consguente lockdown.

 

Perché è importante l’equilibrio tra vita privata e lavoro.

La ricerca di un equilibrio tra vita privata e lavoro è anche e soprattutto una questione di salute, sia fisica che mentale. Diversi studi scientifici hanno evidenziato, infatti, come i sovraccarichi di lavoro siano associati a un maggior rischio di incorrere in ictus e, in generale, in problemi cardiocircolatori. Uno studio pubblicato nel 2017 sull’European Heart Journal ha evidenziato che prolungati orari di lavoro sarebbero associati ad un più elevato rischio di fibrillazione atriale, la forma più comune di aritmia cardiaca. A conclusioni molto simili è giunta anche un’altra indagine più recente pubblicata sull’European Journal of Preventive Cardiology che avrebbe individuato una correlazione tra lo stress da lavoro e alcune patologie cardiache (leggi anche i nostri consigli: come sopravvivere allo stress da lavoro)

Riuscire a separare tempo libero e orario di lavoro è fondamentale anche a livello psichico. Alcuni segnali più di altri sono indicativi del fatto che bisognerebbe calibrare meglio le abitudini quotidiane, ritagliandosi il giusto spazio al di fuori della sfera professionale:

  • Sensazione di forte stress
  • Mancanza di tempo per fare qualsiasi cosa
  • Disturbi del sonno
  • Irritabilità
  • Difficoltà relazionali
  • Difficoltà di concentrazione

 

Come raggiungere l’equilibrio tra vita privata e lavoro.

Come in tutte le cose, esistono delle strategie e degli accorgimenti per mantenere un sano equilibrio tra vita privata e lavoro. Ecco allora alcuni consigli per preservare il proprio tempo libero e la salute, rimanendo comunque produttivi ed efficienti sul lavoro:

  • Ritagliarsi più tempo per le relazioni sociali: la chiave di tutto sta nella capacità organizzativa di ciascuno. Riuscire a conciliare i propri impegni sociali con il tempo dedicato al lavoro è solo una questione di corretta pianificazione.
  • Non trasformare il tempo libero in stress: molto spesso il tempo libero rischia di trasformarsi in una corsa a tutte le attività che non abbiamo potuto fare nel corso della settimana lavorativa. Lo scopo principe resta, infatti, il relax utile a recuperare le energie in vista di una nuova settimana di impegni
  • Imparare a dire di “no” al proprio capo o ai propri colleghi
  • Creare dei confini ben precisi: ad esempio evitando di portare il computer a letto o di rispondere ad una telefonata di lavoro a tavola o durante il tempo trascorso in famiglia. È importante, soprattutto con il proprio datore di lavoro, definire dei confini ben precisi per chiarire in maniera assolutamente trasparente la propria disponibilità.

 

Fonte
randstad.it – per leggere il testo completo clicca qui.