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Come cambierà il mondo del lavoro nel 2021? Che ruolo avranno gli uffici in un mondo post pandemia? Come gestiremo l’organizzazione e la relazione con i dipendenti ed i colleghi? Ma soprattutto quanto siamo cambiati noi?

Queste sono le domande che hanno riecheggiato in molti meeting di fine anno. Tra i mille dubbi e paure che sono sorte a causa della pandemia, ognuno di noi anela a delle certezze.

Ma la certezza è una sola: il lavoro come lo abbiamo vissuto fino a febbraio del 2020 non c’è né ci sarà più. Noi stessi siamo profondamenti cambiati e ciò segnerà il futuro.

Sicuramente l’anno post pandemia sarà il 2022, per quest’anno o per buona parte di esso dovremo ancora fare i conti con il covid. Però il 2021 sarà l’anno delle sfide, delle sperimentazioni, del mettersi alla prova: per chi le aziende le guida, per gli HR manager, per tutte le persone alla ricerca del lavoro o dei giusti riconoscimento professionali.

L’obiettivo però sarà unico per tutti: realizzare un nuovo modo di lavorare smart ma che riesca a coniugare la produttività ed il valore umano.

L’ufficio del futuro

La professoressa Ashley Whillans della Harvard Business School ha ipotizzato un cambio drastico della formula del lavoro dalle 9 alle 5 che potrebbe tramutarsi in un 3-2-2: tre giorni in ufficio, due a casa, due di totale disconnessione.

Molte ricerche dimostrano che lavorare alcuni giorni alla settimana da remoto aumenta l’efficienza. Tuttavia naturalmente influiscono sulla produttività da remoto il tipo di attività ed i mezzi tecnologici a disposizione delle persone.

Ciò comporta due punti fermi da non sottovalutare: il primo, che l’80% della popolazione mondiale fa lavori che in teoria non possono essere fatti da remoto; il secondo è che anche chi può lavorare da casa ha bisogno di momenti in ufficio per mantenere alta la produttività.

La sfida sarà ridisegnare gli spazi lavorativi per renderli più smart e produttivi.

Ridisegnare le relazioni lavorative

Dobbiamo riprogettare il lavoro per permettere alle persone non soltanto di essere produttive, ma di stare bene, coscienti del fatto che quello “stare bene” è diverso per ognuno di noi.

L’azienda è sempre di più una comunità di persone, parafrasando Adriano Olivetti. Oggi il benessere dei dipendenti è imprescindibile dalla produttività.

Questa pandemia l’ha dimostrato. Un dipendente sano e felice è anche produttivo. Viceversa non possiamo chiedere sforzi ai nostri dipendenti se anche noi non ci rimbocchiamo le maniche.

Se si vogliono attrarre i nuovi talenti dobbiamo riprogettare il mondo del lavoro come un abito su misura calzato a pennello.

Empatia significa leadership

La leadership del futuro deve basarsi sull’empatia e non sulla paura. Secondo l’Harvard Business Review, il 2021 sarà l’anno della leadership che si fonda su empatia e saggezza. L’empatia è, in campo professionale, avere intenzioni positive ed una reale preoccupazione e/o interesse per gli altri.
L’empatia crea relazioni più salde tra le persone, migliora la collaborazione, aumenta la fiducia e la lealtà. E soprattutto è ascolto continuo, ovvero permette di ottenere una profonda comprensione delle persone, ed è il punto centrale per mettere ognuno nelle condizioni di dare il proprio meglio.

Superuomo o superteam

E’ purtroppo finita l’epoca dei fantasisti ed iniziata l’epoca dei mediani. Durante la pandemia, i team hanno dimostrato di essere il cuore delle aziende. In gruppo si impara e si cresce, ma soprattutto si fa innovazione e ci si adatta più velocemente ai cambiamenti.

Il covid lo ha dimostrato: da soli non possiamo affrontare sfide così gigantesche.

La sfida che possiamo affrontare nel 2021 secondo lo Human Capital Trend di Deloitte è costruire dei “superteam” per ottenere vantaggi e soluzioni a problematiche che finora erano rimaste insolute.

La formazione, la cultura e l’innovazione tecnologica sono e rimarranno le chiavi d’accesso per il futuro mentre i superteam diventeranno i mezzi per accedervi.

Smart working ma stavolta reale e non forzato

Nel 2021 le aziende dovranno cominciare a sperimentare il vero smart working, che non è né remote working né home working: nulla a che vedere, insomma, con quanto vissuto nel 2020, per dirla con chiarezza.

Lo smart working è un cambiamento profondo del modo di lavorare, perché dà spazio al valore delle persone mettendole alla prova non più all’interno di orari di lavoro definiti e schemi prestabiliti, ma di fronte ad obiettivi semplici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e settati nel tempo. Si deve davvero passare dalla misurazione del tempo, alla misurazione degli obiettivi; un cambio di mentalità insomma.

Scegliere lo smart working significa preferire fiducia e trasparenza a comando e controllo.

La sfida che ognuno di noi deve affrontare però è un’altra: essere co-protagonisti di questo processo di cambiamento. Siamo tutti imprenditori di noi stessi e tutti viviamo sullo stesso pianeta. Dobbiamo partire da noi stessi per disegnare nuovi modi di pensare, vivere e lavorare.

 

Fonte
studiomantini.it – per leggere il testo completo clicca qui.